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L’ANGOLO DEL GIUSNATURALISTA: Positivismo giuridico e scissione tra diritto e persona 

Giusnaturalismo e Positivismo giuridico: Nella concezione positivistica il diritto (pensiamo ad Hans Kelsen (1881/1973)) è staccato dalla giustizia o meglio quest’ultima si riduce all’applicazione, nel caso concreto, di norme convenzionalmente accettate dalle parti e valide secondo il procedimento previsto dall’ordinamento giuridico di riferimento. 

Per il positivismo, dunque, il sistema normativo è, innanzitutto, un sistema di coercizione legato alla volontà/potere (in primo luogo dello Stato) che si impone ai singoli. 

Come si può facilmente rilevare, questa prospettiva implica una vera e propria scissione del diritto dalla realtà ontologica della persona con la conseguenza che la giuridicità sussiste solo quando certi “valori”, espressi dalle norme, sono assunti da un concreto ordinamento. 

Il sistema giuridico, in questo modo, appare artefatto, suscettibile delle più svariate interpretazioni sia dottrinali, sia giurisprudenziali, che sfruttano il carattere “anfibologico” delle disposizioni normative a partire da quelle contenute nelle Costituzioni. 

Ora, che il diritto abbia un variegato e complesso sviluppo storico è un dato incontrovertibile, ma non si può negare il suo rapporto con la persona e con i fini presenti nella sua essenza. 

La negazione di questo aspetto determina, infatti, nella prospettiva positivistica, una concezione inevitabilmente parziale e limitante del diritto cui, però, gli si attribuisce indebitamente una dimensione totale ed essenziale. 

La stessa tecnica giuridica, e lo vediamo molto bene con il traffico insaziabile dei diritti umani, altro non è che il rivestimento ideologico della lotta di interessi confliggenti e poteri. 

Da qui, allora, l’importanza del diritto naturale classico che non è, come intende il pensiero di Sergio Cotta (1920/2007), una categoria “coesistenziale” ed autentica del diritto positivo (Cotta parla di “diritto naturale vigente”, ma non chiarisce in che cosa consista la “inabitazione” del diritto naturale in quello scritto), altrimenti non si spiegherebbero le degenerazioni cui abbiamo assistito, ad esempio, durante l’emergenza sanitaria, con sospensioni (sia pure atipiche) dal lavoro o esclusioni dalla retribuzione, ma un realtà “metagiuridica” che orienta la legge positiva.

Prof. Daniele Trabucco – Costituzionalista

In collaborazione con: www.gazzettadellemilia.it

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